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  • paola gaudio

Attaccamento e relazioni affettive. Quando il passato gioca col presente.


Avete mai pensato che il modo in cui abbiamo fatto esperienza delle prime relazioni con chi si prendeva cura di noi possa aver influito sul modo in cui ora viviamo i nostri rapporti e le aspettative che nutriamo verso gli altri e verso noi stessi in relazione? E' possibile che la scelta di un partner possa essere influenzata dalle nostre precoci esperienze con i care-giver? Cosa mettiamo in gioco del nostro passato in una relazione attuale?


Una teoria molto accreditata in ambito psicologico, inerente la modalità in cui, pian piano, costruiamo il nostro personalissimo modo di stare in relazione con l'altro e in cui le prime esperienze affettive costituiscono la base per la nostra salute mentale, è la teoria dell'attaccamento. La grandissima quantità di studi, condotto negli ultimi decenni in tutto il mondo su di essa, l'ha resa una delle teorie che meglio spiega i processi sottostanti la creazione dei legami più significativi della vita di una persona, dalla nascita, per tutto il corso della sua vita.


Con in termine "attaccamento" si intende quella tendenza innata a ricercare la vicinanza protettiva di una figura ben conosciuta, ogni volta che si costituiscono situazioni di pericolo, dolore, fatica, malattia o solitudine.

Secondo Bowlby, che per primo ha teorizzato tale fenomeno, i comportamenti di attaccamento svolgono una funzione fondamentale per la sopravvivenza dell’individuo: consentendo al bambino di mantenersi vicino alle persone che si prendono cura di lui, essi aumentano la probabilità di essere protetto da pericoli e di ricevere le cure necessarie per la sopravvivenza.

Ma il sistema dell'attaccamento non è l'unico a direzionare l'agire del bambino. I bambini hanno, sì, bisogno di cure, protezione e sicurezza, ma anche di esplorare il mondo, di conoscerlo sempre più e di familiarizzare con esso. Il sistema comportamentale dell’esplorazione svolge l’importante funzione di fornire al bambino le informazioni sul funzionamento dell’ambiente circostante. Il bambino gioca, manipola oggetti, si avvicina alle novità per accrescere sempre più la sua conoscenza del mondo, ma quando l’esplorazione diventa pericolosa o quando si presentano situazioni potenzialmente o realmente pericolose, il sistema di esplorazione si disattiva lasciando il posto al sistema di attaccamento. Questa alternanza fra esplorazione e ritorno al "porto sicuro" è un ottimo sistema che garantisce agli individui la sopravvivenza!


L’attaccamento non è solo una ricerca di vicinanza, ma costituisce una vera e propria mappa che permette di orientarsi nella complessità delle relazioni umane e di imparare a capire e prevedere come ottenere vicinanza, sostegno e comprensione degli altri. Tali conoscenze si organizzano nel tempo nei cosiddetti Modelli Operativi Interni, a seconda del tipo di esperienze di attaccamento che il bambino fa. I modelli operativi sono una sorta di schemi che costruiamo attraverso la nostra esperienza, che contengono informazioni importanti circa il funzionamento delle relazioni interpersonali e l’esito che ci si aspetta dalla relazione in termini di accettazione o rifiuto, la possibilità di essere accettato o rifiutato, nel momento in cui richiediamo la vicinanza altrui, l’immagine di noi e dell’altro per quanto riguarda l’amabilità o la non amabilità, l'essere degno di amore e stima, le strategie per rendere prevedibile il rapporto in termini di vicinanza o lontananza.


La ricerca psicologica sull'attaccamento ha messo in evidenza come sia possibile categorizzare alcuni stili di attaccamento. Le categorie principali sono quattro: stile di attaccamento sicuro, evitante, ansioso-ambivalente e disorganizzato.


Un bambino con attaccamento sicuro vive momenti di scambio autentici in cui vi è il riconoscimento e la valorizzazione dei suoi bisogni e di sé come persona degna di stima e affetto, cresce con una sensazione di benessere e sicurezza, sviluppando fiducia verso il mondo, la vita e gli altri perché, l’aver esperito un accudimento sensibile e responsivo lo ha nutrito di un forte senso di autoefficacia. Possiamo immaginare che a questo bambino vengano ripetutamente inviati messaggi, nei gesti e nelle parole, riguardanti la sicurezza (“ti voglio bene per sempre e incondizionatamente perché sei tu, in quanto persona, e non perché approvo quello che fai”), l'autonomia (“puoi allontanarti da me per conoscere il mondo perché è interessante e puoi tornare da me quando vuoi perché nulla può distruggere la nostra relazione”), l'autenticità (“come posso io farmi vedere per quel che sono, con le mie risorse e i miei limiti, senza mettermi una maschera, lo stesso vale per te”), limiti e responsabilità delle regole poste (“ti impedisco questo perché è utile per te, per me e per la nostra relazione. Se tu trasgredisci la regola io mi arrabbierò, ma continuerò a stimarti e volerti bene”).

Il bambino che riceve questo tipo di messaggi, molto probabilmente, sarà un adulto sano e una persona sicura: avrà un’immagine di sé realisticamente positiva, accetterà i propri sentimenti senza negarli o distorcerli difensivamente, valorizzerà i bisogni di attaccamento, avrà una fiducia di base nel mondo e negli altri e sentirà che, di fronte ad una sua richiesta di aiuto, ci sarà qualcuno disposto a soddisfarla; saprà riconoscere su chi può contare e su chi no in caso di necessità. Di conseguenza, sarà una persona in grado di intraprendere relazioni affettive sane, in cui ci sarà una reciprocità di ruoli, in cui sperimenterà la libertà di essere autentico perché mostrarsi per come sente di essere non rappresenterà per lui una minaccia di perdita della relazione significativa.


Se, al contrario, il bambino fa l’esperienza di un attaccamento insicuro con le figure di riferimento, svilupperà dei Modelli Operativi Interni caratterizzati da sfiducia, bassa autostima, pericolosità del mondo, impossibilità di ricevere aiuto, svalutazione di sé nel momento del pericolo. Questo potrà influenzare fortemente anche il modo in cui, nel corso della sua vita, si relazionerà agli altri e alle relazioni affettive.

Se la predisposizione originaria e biologica alla relazione privilegiata di attaccamento viene ripetutamente disattesa, il bambino inizierà ad inibire pian piano i suoi comportamenti di attaccamento. Si struttura una vera e propria strategia evitante in cui, quando il bambino percepisce una situazione di potenziale pericolo, stanchezza, malattia, vengono paradossalmente inibiti i comportamenti di ricerca di contatto e potenziati i comportamenti esplorativi. Il bambino percepirà un continuo rifiuto da parte delle figure di riferimento e sarà svalutato nei momenti di ricerca di vicinanza e conforto. Egli riceverà implicitamente ed esplicitamente messaggi come: non devi avere paura, sii forte, nella vita non puoi fidarti di nessuno, devi imparare a contare solo su te stesso.

Il desiderio di intimità e i bisogni di attaccamento verranno negati; la paura della vicinanza e il timore di altri rifiuti verranno simbolizzati in modo distorto e ci sarà una ipervalorizzazione della propria autonomia. È il caso dei “piccoli adulti” che sanno già badare a loro stessi e non sembrano ricercare alcun supporto e aiuto nelle situazioni quotidiane, perchè hanno imparato che possono contare solo su se stessi e che la loro ricerca di aiuto e conforto verrà sempre delusa.

A fronte di questa apparente tranquillità e iperautonomia, il bambino elaborerà un concetto di sé come indegno di valore, inadeguato, e costruirà un’idea degli altri come rifiutanti, indisponibili a prestare aiuto.

Da grandi, vivranno relazioni permeate dalla paura della "troppa vicinanza" all'altro, mettendo in atto strategie di fuga, anticipando ed evitando di provare nuovamente la delusione dell'altro che si allontana e della sua freddezza emotiva. Potremmo immaginare un discorso interiore del tipo "tengo le distanze e mi allontano, prima che possa farlo l'altro". Questo stile rappresenta un fattore di rischio per patologie depressive e per i disturbi di personalità caratterizzati da chiusura relazionale, blocco interiore e incapacità nelle dimensioni sociali e affettive (schizoide, schizotipico , paranoide).


Se invece, il bambino ha fatto ripetutamente esperienza di un attaccamento caldo, ma al tempo stesso soffocante e privo di spazi di differenziazione io-tu, cresce con una difficoltà ad entrare nella dimensione dell’autonomia. Il bisogno di avvicinare esperienze nuove viene negato e la sensazione di paura arriva a coprire e offuscare ogni altra emozione. L’autostima risulta precaria. Il bambino si percepirà come degno di valore solo nella misura in cui resta vicino all’adulto, se invece si allontana per l’esplorazione diventa cattivo, fragile e inadeguato. Questo tipo di attaccamento viene chiamato ansioso-ambivalente.

In questo caso, la persona ha una sorta di radar, tutto impegnato a cogliere i segnali esterni, necessari per orientare il proprio agire, perdendo di vista pian piano i propri bisogni. I messaggi che arrivano al bambino in modo implicito ed esplicito sono: è meglio non addentrarsi in terreni sconosciuti e non familiari, non bisogna allontanarsi dagli altri né contraddirli altrimenti si arrabbieranno, il mondo è pericoloso e infido, devi stare sempre con me perchè da solo sei in pericolo.

La dimensione dello scambio con gli altri è fortemente segnata dal desiderio di decodificare e anticipare ogni desiderio e bisogno dell’altro per evitare l’abbandono e la solitudine. L’emozione prevalente è l’ansia.

Si può facilmente intuire come questi adulti vivranno relazioni affettive permeate dalla tendenza alla simbiosi, a causa della costante paura del giudizio dell'altro, del suo allontanamento e abbandono. La loro sarà una costante richiesta di rassicurazione esterna circa la propria amabilità, poichè non avranno interiorizzato un solido senso di valore di sè e auto-apprezzamento. Questo panormama interiore predispone a patologie di tipo ansioso, fobico e a disturbo da attacchi di panico, oltre che a disturbi di personalità dipendente e ossessivo-compulsivo.


In ultima analisi nello stile di attaccamento disorganizzato, l’esperienza prevalente del bambino è stata la convivenza con un adulto non solo privo di capacità protettive, ma addirittura spaventante e, a tratti, bisognoso e richiedente come un bambino capriccioso. il bambino si è ritrovato anche ad accudire il proprio genitore, con un'evidente inversione di ruolo. L’accettazione si è alternata in modo confuso, caotico, non prevedibile. Sono situazioni in cui il blocco, la paralisi, la dissociazione sono le uniche possibilità di affrontare l’empasse. Il messaggio che arriva al bambino è contemporaneamente “vieni qua e vai via”. Esperienze di questo tipo pregiudicano fortemente la possibilità di vivere relazioni sane ed autentiche. il senso di sé e dei propri confini sarà estremamente precario o inesistente e, molto probabilmente, la persona utilizzerà la relazione affettiva in maniera strumentale, a volte manipolatoria, per cercare di colmare il grande vuoto affettivo vissuto nell'infanzia. Tale stile si pone come fattore di rischio che predispone a disturbi di personalità narcisistico, istrionico, bordeline e disturbi dissociativi.


Si è visto come, le relazioni affettive fra persone con stile evitante ed ansioso-ambivalente, nonostante spesso non siano foriere di crescita, sono fra quelle più durature. Può sembrare strano, ma in realtà fra una persona evitante ed una ambivalente si crea una sorta di "alchimia" perfetta! Proprio come i dentini di un ingranaggio che si incastrano alla perfezione, le aspettative reciproche vengono continuamente soddisfatte in questa relazione. La persona evitante, che avverte la vicinanza altrui come elemento pericoloso, tenderà a fuggire ed allontanarsi... mentre la persona ambivalente, vedrà costantemente confermate le proprie aspettative di non-amabilità a causa della distanza affettiva dell'altro, necessitando, così, di sempre maggiori prove (che difficilmente riceverà) di poter essere degno di amore e accettazione.


Relazioni, invece, fra persone con stile disorganizzato, sono relazioni estremamente confuse, tossiche e pericolose per la salute degli individui. E' facile assistere in questi rapporti a forme di violenza di vario tipo, da quella fisica a quella psicologica e saranno caratterizzati da continui tira-e-molla, allontanamenti ed avvicinamenti.


Due adulti sicuri, saranno in grado di vivere una relazione all'insegna della libertà, dell'accettazione e dell'autenticità. Potranno alternarsi nel ruolo di chi presta cura e chi la riceve, al momento del bisogno e, se sentiranno che la loro relazione non sarà più stimolo per la crescita, riusciranno ad elaborare la separazione senza equipararla ad un abbandono o senza sentirsi meno amabili per questo.


Ovviamente quelle che ho presentato sono macro-categorie ed è possibile avere stili di attaccamento "in scala di grigi". Ciò che ritengo possa essere interessante di questo modello è che può darci utili informazioni sul nostro passato, sul nostro presente e materiale di lavoro per il nostro futuro, affinché ci possiamo prendere cura delle nostre aree più sofferenti e vivere rapporti non più determinati dalle nostre esperienze precoci, ma da aspettative realistiche riguardanti il qui-ed-ora e non più il lì-ed-allora.


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