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  • paola gaudio

Come parlare ai bambini del Coronavirus?


Situazioni di emergenza, come quella che l’Italia ed il Mondo intero stanno vivendo, sono caratterizzate da un’interruzione della normale quotidianità e, aspetti che fino a poco fa davano certezza, ora diventano instabili. Il modo di gestire quello che accade varia di persona in persona, ma la preoccupazione di tantissime persone riguarda la comunicazione con i loro figli. Emergono domande come “come ne parlo con mio figlio? È giusto che un bambino sappia quello che sta succedendo? Se gliene parlo gli trasmetterò ansia? Magari è meglio tenere allo scuro i bambini e fargli godere un po’ di spensieratezza?


In momenti di pericolo, i bambini hanno bisogno di ricorrere alle figure di riferimento ma, quando anche queste sono esposte allo stesso evento, i bambini potrebbero perdere sicurezza in qualcuno che fornisca loro rassicurazione. È quindi importante che gli stessi adulti ricerchino un proprio spazio psicologico per dare “contenimento” alle normali reazioni da stress. Il primo passo da fare è su di noi: facilitiamo un contatto emotivo con noi stessi, atto a riconoscere tutte le emozioni che si muovono nel nostro spazio interiore. Se diamo voce alle nostre emozioni, molto probabilmente, eviteremo che queste “agiscano” al di fuori della nostra consapevolezza ed inficino le relazioni con gli altri.


Molti genitori, vedendo i propri figli giocare tranquillamente, immaginano che sia meglio non introdurre elementi che possano turbare questa apparente serenità, evitando di comunicare informazioni rispetto a ciò che avviene. Ricordiamo però una cosa: in caso di esposizione a un evento potenzialmente traumatico, i bambini esprimono i loro sentimenti in maniera differente rispetto agli adulti e in forme diverse anche tra di loro, soprattutto in base all’età e allo stadio di sviluppo. L’intensità delle emozioni nei bambini non è continua come negli adulti, anzi molto spesso è caratterizzata da intermittenza: crisi di pianto, rabbia, alternati a distanziamento ed indifferenza. Ciò potrebbe portarci a pensare “ok, è passato tutto, sta giocando, ha dimenticato, è meglio non tornare su ciò che è successo”, salvo poi accorgerci di incubi notturni, paure improvvise, somatizzazioni… Oltre all’esposizione all’evento critico, non dimentichiamo che in seguito allo sconvolgimento delle normali abitudini e dei ritmi ordinari possono insorgere tristezza, colpa, rabbia, paura, confusione e ansia. Le abitudini creano confini per il bambino all’interno dei quali egli può esplorare l’ambiente in sicurezza, percependo la stabilità intorno a lui.


Le reazioni più comuni, sebbene estremamente variabili e soggettive possono essere:

  • rabbia e irritabilità: non blocchiamo queste reazioni, la rabbia è un’emozione sana e può essere espressa in modo efficace ed accettabile. Approfittiamo per far capire ai bambini che non ci sono emozioni giuste o sbagliate, ma modi di esprimerle più efficaci di altri;

  • noia: certamente lo sconvolgimento degli ambienti ed abitudini può generare fatica a seguire le indicazioni date. Fidiamoci dei bambini, rassicuriamoli e spieghiamo loro che è utile adottare questi comportamenti per proteggersi e che sono stati scelti dagli esperti;

  • problemi comportamentali: non è detto che i bambini esprimano verbalmente le loro preoccupazioni; possono comparire problemi di concentrazione, di addormentamento, incubi, disegni di immagini che rimandano ai temi ascoltati sul contagio, affaticamento, tendenza all’isolamento; i bambini potrebbero mettere in atto comportamenti tipici di fasi evolutive precedenti. Proviamo a trasformare in parole i loro sentimenti: dar voce a qualcosa di indefinito aiuta a circoscriverla e a ridurne la carica ansiogena;

  • maggior bisogno di attenzione da parte del genitore o delle figure di riferimento: la capacità di percepire situazioni di pericolo non passa solo dal canale verbale, motivo per cui i bambini possono fare molta più fatica a distaccarsi dalle figure di riferimento, perché temono che possa accadere qualcosa di brutto, anche se non sanno bene cosa.


So che tutti questi atteggiamenti possono destare preoccupazioni in un genitore, ma considerate che sono reazioni normali caratteristiche del modo di far fronte ad eventi stressogeni da parte dei bambini. Come possiamo affrontare efficacemente con loro l’emergenza che stiamo vivendo nell’ambito della nostre mura di casa? Ecco alcune linee guida che penso possano essere utili a tutti, genitori e non, nell'interazione con i bambini:


Diciamo la verità attenendoci ai fatti: è controproducente e inefficace far finta che l’evento non sia accaduto, né cercare di banalizzarlo. I bambini sono osservatori attenti e si preoccuperanno di più se percepiranno incongruenze. Non alleggeriamo la situazione, ma atteniamoci ad un piano di realtà senza far congetture su ciò che è accaduto, su ciò che sarebbe potuto accadere o su ciò che accadrà. Dobbiamo avere sempre presenti le informazioni che intendiamo comunicare, riferendoci alla verità dei fatti. Non dilunghiamoci sulla portata ed intensità dell’emergenza, soprattutto con i bambini piccoli.


Usiamo parole semplici e adatte all’età: non comunichiamo dettagli traumatici, ma lasciamo molto spazio alle domande senza inibirle. Se siamo in difficoltà su una domanda possiamo dire che non sappiamo rispondere (eh sì, anche gli adulti non sanno molte cose!) e prendere tempo dicendo: “La mamma non lo sa, si informa e appena avrà informazioni più accurate ti dirà tutto per bene, ok?”


Illustriamo ai bambini che si trovano ora al sicuro e che anche gli altri adulti importanti della loro vita lo sono.


Ricordiamo che ci sono persone fidate che si stanno occupando di risolvere le conseguenze dell’evento e stanno lavorando per assicurare che la situazione non si aggravi: “Hai visto quanti dottori stanno intervenendo? Sono tutte persone bravissime che sanno aiutare i grandi e i bambini ancora in difficoltà”.


Dimostriamo un atteggiamento di disponibilità, vicinanza fisica, cercando di parlare con voce rassicurante. Se in un dato momento sentiamo di essere invasi dalle nostre emozioni e di non riuscire a contenere uno stato di attivazione ansiosa, prendiamoci del tempo. Diamo nome alle nostre emozioni, legittimiamole, diamogli spazio. Il processo naturale di un’emozione prevede un’attivazione, un picco ed una distensione. Se blocchiamo il processo potremmo permanere nella fase di attivazione in maniera poco funzionale.


Facciamo sapere ai bambini (e aggiungerei, anche a noi stessi) che sentirsi sconvolti, avere paura o essere preoccupati è normale. Spieghiamo loro che tutti i sentimenti vanno bene. Di conseguenza, non neghiamo loro che anche gli adulti hanno delle reazioni emotive dopo un evento così inaspettato e che tutte le reazioni sono normali e possono essere gestite. A creare disagio non è l'espressione delle emozioni, bensì la loro soppressione. In questo modo i bambini avranno un modello di riferimento, impareranno che possono fidarsi degli adulti e che potranno comunicarci i loro stati emotivi. Lasciamoli parlare dei loro sentimenti e rassicuriamoli che, sì, anche se è molto brutto quello che stiamo vivendo, le cose si possono affrontare.


Se il bambino ha crisi di rabbia, esprimiamo a parole dei motivi della rabbia. Ciò può aiutarlo ad acquisire un maggior controllo imparando a regolarla (“Sei arrabbiato? Cosa ti ha fatto arrabbiare tanto? Lo sai che anche la mamma è molto arrabbiata?”).


Se il bambino manifesta sensi di colpa, è importante rassicurarlo sulla sua completa estraneità agli eventi (“Non è colpa tua se.....”).


Non usiamo frasi come: “So come ti senti”; “Poteva andare peggio”; “Non ci pensare"; “Sarai più forte grazie a questo”. Queste espressioni che tutti noi adulti utilizziamo 
per rassicurarci e rassicurare possono ostacolare la manifestazione delle emozioni e dei vissuti dolorosi conseguenti ad un evento catastrofico.


Non agiamo come se nulla stesse accadendo. Il ritorno alla routine è importante perché rassicurante. Meglio non fare troppi regali o attività extra, il ritorno alle proprie abitudini è quanto di più naturale e sano si possa fare, finché questo non avverrà occorre rassicurare e mantenere per quanto possibile la routine familiare.


Non lasciamo i bambini da soli davanti alla TV o alla radio. Le persone esposte hanno il naturale bisogno di dare un significato all’accaduto e per questo passano molto tempo a ricercare notizie in TV, internet e radio. È importante che i bambini non siano mai lasciati soli nei momenti in cui si vedono trasmissioni che riguardano l'evento. Ciò non vuol dire negare la possibilità di vedere le notizie, ma scegliere, piuttosto, un momento durante il giorno o dieci minuti per consultare insieme le notizie (previa nostra selezione delle stesse), stando accanto e spiegando esattamente cosa stanno ascoltando e le immagini che stanno vedendo. Concentriamo l’attenzione sui dettagli più rassicuranti (ad esempio i medici che stanno aiutando) e diamo, in seguito, tutto il tempo necessario affinché il bambino possa fare domande.


Se vi trovate in situazioni di difficoltà, non esitate a contattare un professionista. Molte associazioni di psicologi stanno organizzando sportelli di ascolto e, nonostante molti di noi abbiano sospeso i colloqui in studio al fine di evitare ulteriori diffusioni del virus, continuiamo a lavorare per il benessere delle persone in altri modi (colloqui via Skype, telefonici...) in grado di garantire l'efficacia del colloquio.

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